LA MAGLIA
ll “Racing Club de France de Paris”, polisportiva parigina caratterizzata dai colori biancocelesti, probabilmente venne presa a modello dagli atleti della Lazio grazie ai racconti di Bruto Seghettini. Ciò potrebbe spiegare la comparsa del celeste abbinato al già presente colore bianco. Si può quindi supporre che la scelta dei colori bianco e celeste, adottati da questo momento in poi sulle maglie della Lazio, oltre che dalla bandiera greca, fosse influenzata anche dalla squadra parigina. Alcuni atleti laziali ci presero gusto a personalizzare le proprie casacche e, oltre alla scritta Lazio, inserirono anche il primo emblema ufficiale del club: lo scudo “svizzero” azzurro con banda obliqua bianca. Dopo poco in quel di Piazza d’Armi, ci si accorge che bisogna distinguersi in campo dagli avversari. Le grandi squadre inglesi e quelle dell’Italia del Nord hanno tutte una divisa sociale per farsi belli e per riconoscersi. I calciatori della Lazio lo sanno perché leggono i periodici sportivi che riportano tabellini, notizie, cronaca e soprattutto fotografie delle squadre da tempo organizzate. Ma soldi in casa Lazio non ce ne sono per realizzare le divise presso qualche sartoria, pertanto si decide di farle in proprio.
La stagione
Lo sport a Roma vide gli albori grazie al sodalizio Lazio. Al podismo, al canottaggio, al nuoto e all’escursionismo, si aggiunse un’ulteriore disciplina: il football. Quando la Lazio introdusse a Roma questo nuovo sport, nel resto dell’Europa era già abbastanza diffuso, così come lo era nell’Italia settentrionale. Esistevano regolamenti ben precisi e si svolgevano veri e propri tornei. I primi incontri a Roma avvennero contro i seminaristi scozzesi, dai quali i calciatori della Lazio impararono ad occupare e controllare le zone del campo ed a passarsi la palla piuttosto che eccedere in personalismi, pur tenendo conto del fatto che i più bravi potessero risolvere in qualsiasi momento la gara (come nel caso di Sante Ancherani, il fuoriclasse di quella squadra).
Curiosità
Ma come era fatto il pallone in quel periodo? A fine ‘800 inizio ‘900 il pallone da calcio era il cosiddetto “modello a spicchi” composto da 8 pannelli; il richiamo di questo modello si rifà proprio agli spicchi dell’arancia sbucciata. Il taglio dei pannelli era simile a quello delle daghe che compongono ancora oggi le botti: strisce di cuoio molto allargate al centro e molto strette agli estremi. Lateralmente 2 piccoli pannelli rotondi chiudevano la sfera proprio come il coperchio e il fondo di una botte. Per finire un taglio laterale permetteva il passaggio della camera d’aria e si chiudevano con un laccio, normalmente di cuoio, durissimi come pietre quando si impregnavano d’acqua. Nel 1872 si erano stabilite le misure ufficiali: la circonferenza doveva essere compresa tra i 27 ed i 28 pollici (=68 e 71cm), con un peso compreso tra le 12 e 15 once (=32 e 33cm). Uno dei primi passi in avanti fu data proprio dall’eliminazione dei pannelli tondi ai poli: nascevano così i palloni buttonless. Proprio in questa fase di continua sperimentazione il pallone a losanghe, ovvero privo dei pannelli tondi laterali, rappresentò un’evoluzione molto importante. Era infatti proprio la sfericità a trarne vantaggio, la quale garantiva a sua volta maggior stabilità e precisione di tiro.