“Mi è stato chiesto dalla redazione giornalistica del museo un contributo sulla “maglia bandiera” con l’aquila sul petto. Ad essere onesto e sincero, senza voler prendere in giro nessuno io non mi ricordo niente di particolarmente significativo a proposito delle logiche commerciali legate alla creazione di quel marchio anche se, passati tanti anni, posso dire che quella divisa bellissima accompagnò la nostra stagione infernale ma trionfante come uno scudetto… ripeto per me rimaneva una maglia come tante altre. Contava ben altro, in quel preciso momento. Ai miei giocatori durante il ritiro estivo a Gubbio appena giunse la notizia della retrocessione d’ufficio dissi loro: «Chi se la sente resti, chi ha dubbi o non se la sente è meglio che vada a fare le valigie e ci salutiamo qui». Restarono tutti. Poco dopo la sentenza fu modificata con la penalizzazione di 9 punti che conosciamo tutti e avrebbero potuto pure farci indossare 11 camicie di forza ma noi avremmo giocato comunque alla morte tutte le partite del campionato essendo gravati di quel pesante fardello addosso… A pensarci bene mi viene in mente un particolare: quando andai via dalla Lazio, subito dopo la promozione in Serie A, campionato 1987/88, venni allontanato dalla proprietà e l’unica cosa che mi rimase della Lazio fu un portafogli di pelle nera con il simbolo dell’aquila stilizzata in color oro. Ebbene ero talmente incavolato per il trattamento ricevuto che poco dopo non lo trovai più”.
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