Il centro sportivo di Tor di Quinto (prima) e Maestrelli (dopo), all’epoca proprietà del demanio, venne costruito in previsione delle Olimpiadi disputate a Roma nel 1960. Alla Lazio venne assegnato in concessione al termine delle Olimpiadi (anche se ufficiosamente la squadra biancoceleste, vi si allenava dal 1957 quando un incendio distrusse buona parte dell’impianto della Rondinella). Comprensivo di un campo da calcio, uno di calcetto, uno da basket, palestra, spogliatoi, magazzini, uffici, lavanderia ed essiccatoio, parcheggio autovetture, garage pullman ed un prefabbricato adibito a sala stampa. L’ultima stagione di utilizzo del complesso da parte della Lazio fu quella della stagione 1994/95. Il suo nome originario di “Campo Tor di Quinto”, derivava dal Viale di Tor di Quinto che lo costeggiava nella zona a Nord di Roma, dove è tuttora ubicato. Il centro sportivo il giorno 30 aprile 1977 venne ribattezzato come “Centro Sportivo Tommaso Maestrelli” in onore e memoria del compianto allenatore deceduto pochi mesi prima. Al campo di Tor di Quinto e poi al Maestrelli sono legati aneddoti e ricordi incancellabili nella memoria dei tifosi laziali. Da quelle partitelle del giovedì tra gli schieramenti della squadra scudettata del ’74 che facevano registrare il tutto esaurito, a contestazioni cruente e rabbiose quando le cose non andavano bene. Il tutto legava il mondo biancoceleste al proprio habitat naturale: dirigenti, giocatori e tifosi si ritrovavano tutti insieme come un gruppo di amici al bar e si discuteva faccia a faccia. Tor di Quinto era davvero l’emblema di un altro calcio, di un altro tipo di rapporto che si instaurava tra giocatori e tifosi. Ma era anche il luogo di preparazione di trasferte o di idee per spettacoli coreografici allo stadio. Insomma un vero crogiuolo di emozioni laziali. Emozioni vissute anche da altri allenatori e giocatori da Fascetti e la sua eroica Lazio a Zeman e il suo calcio avveniristico passando per il monumento Zoff e la sua Lazio europea. sempre tra alti e bassi, sempre tra amore e passione in tinte biancocelesti. Nel 1995 in piena era Signori, la Lazio si trasferisce al “Centro Sportivo di Formello” ed il vecchio impianto viene consegnato alla caserma dei Carabinieri “Salvo D’Acquisto”, sede della Compagnia Palidoro, Centro nazionale di selezione e reclutamento e sede del Reggimento dei Carabinieri a Cavallo, che tuttora ne fa uso e che ha voluto conservare al campo principale il nome di “Campo Maestrelli”. Nell’area verde che circonda l’impianto è presente un busto bronzeo del grande allenatore laziale intento ad osservare il campo. Alcuni grandi personaggi della storia della Lazio nel periodo in cui fu dismesso il Maestrelli si lasciarono andare ai loro ricordi.
Bob Lovati. “Per me rimarrà sempre il magico campo di allenamento per eccellenza di una comodità formidabile, a due passi da tutti. Lo stadio li, le case dei giocatori ancora più vicine, il raccordo anulare ed il centro a meno di dieci minuti. Il Maestrelli è stato il punto di riferimento di un calcio che certamente non era cosi esasperato come quello attuale. Ricordo che agli allenamenti la gente era sempre accanto a noi, ci si stringeva attorno. Cosa che, giustamente o no, non accade più. Tantissimi giocatori sono passati li in trentacinquenni ed è giustissimo non dimenticare un impianto così importante. I tempi cambiano ed ogni squadra è naturale che abbia almeno due campi dove potersi alternare (anche se il drenaggio eccezionale di Tor di Quinto non ha mai lasciato sospetti); c’è Formello per una dimensione diversa lontana anni luce dalla mia nella quale due sole maglie e per i portieri, una nera ed una grigia, ti dovevano bastare per tutta la stagione. Adesso la casacca si cambia tra un momento e l’altro (io dovevo sperare di non bagnarla altrimenti la tenevo addosso per due ore), ci sono i guanti (ai miei tempi non esistevano) e dei palloni perfetti. Ho tantissimi ricordi che navigano nella mente, ma forse quello più bello è legato all’arrivo di Zoff allenatore. Seimila persone, un bagno di folla incredibile”.
Il più assiduo, però, per ore trascorse nello storico impianto è stato certamente il team manager Maurizio Manzini che a Tor di Quinto aveva la sua sede operativa degli uffici fin dal 1972. “Come sempre, quando accadono trapassi del genere, si vengono a mischiare due sentimenti contrastanti, da una parte c’è un’immagine nuova ed una crescita del club con Formello. Dalla parte opposta c’è un sensazione dolorosa legata alla nostalgia che mi assale nel lasciare un impianto che ospita la Lazio dal 1957. Ci fu un passaggio generazionale quando passò da Piazza D’Armi, la Rondinella, al Tor di Quinto, che poi, con la scomparsa del tecnico del primo scudetto divenne Maestrelli così come adesso si è verificato un salto di qualità andando a Formello”.
Dalla tuta al fischietto alla giacca e poi alla cravatta. E’ il mito di Dino Zoff. “Un bellissimo campo che in alcune situazioni andava però un po’ risparmiato. Una stagione è lunga e la realtà offerta adesso da Formello è certamente un’altra cosa. Il ricordo più bello è quello legato a tutta quella gente che mi accolse il primo anno, davvero incredibile”.
Giancarlo Oddi, giocatore, allenatore in prima persona e fido secondo di Fascetti, Simoni, Materazzi, e Zoff prima di occuparsi del settore giovanile con Pulici responsabile. “Diciassette anni trascorsi interamente a Tor di Quinto sono una vita e doverlo lasciare è stato un grosso dispiacere”.
Alfredo Recchia, autista storico del pullman biancoceleste. “Ho trascorso due mesi senza dormire. Ogni volta che passo per viale di Tor di Quinto non posso fare a meno di voltarmi. I ricordi vanno indietro nel tempo. Il ricordo più bello è legato a Tommaso Maestrelli che al ritorno dalla trasferta di Bari volle guidare il mezzo fino a Roma! Io me ne stavo li accanto a sognare. Il più pericoloso però è sempre stato Pino Wilson che oltre a farmi prendere dei grossi spaventi mentre guidavo con le delle armi. Pino si divertiva a nascondermi l pullman. Due volte, una al campo ed una dopo una gara amichevole in particolare: nella prima occasione spostò il torpedone dietro alla palestra. la seconda volta organizzò un tour turistico con alcuni compagni lasciandomi a piedi. Negli ultimi periodi al Maestrelli dovevo stare attento a Gascoigne che cercava sempre di farci un giro sopra come autista”.
Il cancello da tanti anni si è chiuso per sempre alla quotidianità della Lazio, ma qualsiasi tifoso biancazzurro, passando per quel viale alberato non potrà mai fare a meno di voltarsi e lasciarsi trasportare dai ricordi di quel passato memorabile fatto di gioie e dolori, che solo la Lazio può vantare.
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