Nella Lazio ormai è un “monumento vivente”, forse come il grande Dino Zoff. Maurizio Manzini oggi 25 novembre, spegne 80 candeline: auguri Maurizio, patrimonio indissolubile della nostra storia.
Maurizio Manzini, dirigente della Lazio, è l’anima operativa della squadra biancazzurra dai tempi di Maestrelli. Anno 1971, la S.S. Lazio si appresta a vivere una fase gloriosa della propria storia quando Manzini, su invito di Tommaso Maestrelli, inizia a collaborare con la società dell’allora presidente Lenzini. Per lui, grande tifoso laziale, pur essendo cresciuto in una famiglia romanista, è l’opportunità della vita per avvicinarsi ai colori sempre amati e difesi, a costo di andare… da solo contro tutti. Per noi del “Lazio Museum”, Maurizio ha raccontato alcuni aneddoti divertenti legati alla sua carriera da dirigente alla Lazio.
«Un giorno Gascoigne (racconta Manzini) si presentò da Dino Zoff piangendo. Aveva seri problemi con la compagna Sheril ed il figlio di lei, non riusciva a gestirli. Gazza aveva un rapporto speciale con Dino, come da padre a figlio. Ebbene lo prese a sé e lo coccolo come un vero padre fa con il proprio figlio. Un momento che non dimenticherò mai. Uno degli episodi più divertenti con lui è stato ad esempio quando stavamo all’Hotel degli Aranci a Dino, anima gentile e sensibile cena, quando ad un certo punto arriva il massaggiatore e dice a noi dello staff della Lazio che Gascoigne stava facendo un casino con gli altri compagni di squadra; Zoff a quel punto chiamò di persona Gazza per farlo scendere al ristorante e in un certo senso rimbrottarlo, Gazza in un primo momento non volle scendere perché’ disse che era indaffarato; visto che però Zoff insistette per farlo scendere e dirgli 2 paroline Paul scese e si presentò davanti a tutti nel ristorante completamente nudo; questa è stata una vera perla di Paul. Chiudo con un episodio spassoso durante l’era Zoff, nella stracittadina in cui segnò Signori dopo pochi minuti tra i fumogeni: fino al 90’ abbiamo passato la metà campo quattro volte. All’inizio non pensammo di poter reggere, invece con il passare dei minuti prendemmo fiducia. Mentre aspettavamo il fischio finale, l’arbitro alzò le due mani e io ho interpretato quel gesto come la fine della partita, tanto che sono partito a razzo dentro al campo e Oddi addirittura non è riuscito a fermarmi. Quando sono arrivato nel cerchio di centrocampo i giocatori della Roma mi guardavano stupefatti, quelli della Lazio allibiti, e mi sono reso conto di essere da solo. Ho cercato di tornare indietro e sono andato a finire davanti alla panchina giallorossa, dove c’era Mazzone che con la sua aria scanzonata, appoggiato alla panchina, mi guarda e fa: Ah Manzì, ma ’ndo cazzo vai?». di Emiliano Foglia
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