Il “Lazio Museum” svela la maglia di Chinaglia, quella dell’esordio in Nazionale a Wembley

Il “Lazio Museum” svela la maglia di Chinaglia, quella dell’esordio in Nazionale a Wembley

 

Grazie alla donazione della famiglia eredi Francesco Del Giorno il “Lazio Museum” è venuto in possesso di una delle maglie più importanti e prestigiose della carriera di Giorgio Chinaglia. Parliamo della casacca azzurra del suo esordio in quel di Wembley, passato alla storia per il suo guizzo memorabile che confezionò un assist a Capello, il cui gol permise all’Italia di battere l’Inghilterra nel proprio tempio. Giorgio Chinaglia nacque il 24 gennaio 1947 a Carrara, da una famiglia di origini umili residente nel quartiere di Pontecimato. I suoi genitori, attaccatissimi alla loro terra, tentando di cercare fortuna in Galles, lo lasciarono (insieme alla sorella Rita) affidato alla nonna materna Clelia. In pochi anni Mario Chinaglia, uomo e padre di sani principi, diveniva, da operaio in un’acciaieria, a proprietario di un locale, il “Mario’s Bamboo Restaurant” e nel 1955 chiedeva ai figli di partite per il Galles. Il bambino aveva solo otto anni ed insieme alla sorella Rita attraversarono da soli l’Europa in treno per ricongiungersi alla famiglia. Nonna Clelia aveva cucito sulla maglia di Giorgio un cartello che riportava l’indirizzo della famiglia nel caso si fossero smarriti. Alla stazione di Cardiff li aspettavano finalmente la mamma Giovanna ed il papà Mario. I primi anni in terra britannica non furono facili. Il piccolo al suo arrivo fu inserito nella scuola cattolica “St. Peter’s Primary”. All’età di undici anni Giorgio si sentiva più gallese che italiano e due anni più tardi, nel 1961, dopo il match di calcio tra Italia ed Inghilterra vinto dagli inglesi per 3-2 allo stadio Olimpico di Roma con rete decisiva del mitico Jimmy Greaves, confessava al padre che aveva tifato per la nazionale di “Sua Maestà”. Papà Mario andò su tutte le furie, rammentando al figlio che le sue origini ed il suo sangue erano italiani. Oltre a frequentare le scuole inglesi e fare il lavapiatti nel ristorante di famiglia, il giovane Giorgio si divideva tra le sue due grandi passioni sportive: il football ed il rugby. Giorgio cresceva in quegli anni frequentando la “Lady Mary High School” di Cardiff. Come molti sanno lo sport nelle scuole anglosassoni è molto considerato e praticato. Giorgio giocava a rugby ma nelle sue vene scorreva il sacro fuoco del football. A dodici anni si trovava di fronte ad una scelta difficile per un ragazzino, seppur sveglio: o il rugby o il football; oltretutto l’allenatore di rugby della scuola era un uomo rigido, di poche parole, che voleva imporre a Chinaglia la scelta della palla ovale. Papà Mario non mandava giù quella proposta “rugbista”, sostenendo che un italiano dovesse giocare solo al calcio. Molto presto lo studente fu inserito sia nella squadra scolastica di football che in quella di rugby, malgrado il rifiuto del padre per la palla ovale. I gol gli riuscivano facili, sia quando giocava nella squadra della “Lady Mary High School”, sia quando giocava nello stadio “Ninian Park” di Cardiff. Proprio dopo una partita giocata nell’impianto cittadino, venne notato da un osservatore del Cardiff, che invitava Giorgio ad effettuare un provino. Alla fine non se ne fece nulla e Chinaglia accettò le offerte di un altro osservatore che aveva assistito a quella partita, un certo Walter Robbins che era l’allenatore dello Swansea Town. Dopo il periodo di apprendistato, dove Giorgio puliva anche le tribune dello stadio, si ritagliò il suo spazio nella formazione giovanile dello Swansea Town, il suo ruolo in campo era a metà tra quello di tornante e quello di seconda punta. La sua maglia era la numero 7. Il debutto assoluto in prima squadra avvenne il 14 ottobre 1964, a 17 anni, in Coppa di Lega, in occasione di una trasferta finita 2-2 contro il Rotherham United, nel terzo turno del torneo inglese. Circa un anno dopo veniva impiegato nella sua prima partita di campionato, contro il Portsmouth. Il capitano e terzino avversario era il veterano Jimmy Dickinson, che in gioventù era stato uno dei migliori centrocampisti di tutta l’Inghilterra e quel giorno fu messo in marcatura proprio su Chinaglia. Nonostante avesse la metà degli anni di Dickinson, George (come lo chiamavano da quelle parti) non fu in grado di giocare un pallone. L’idolo indiscusso di Chinaglia era il grande Bobby Charlton ed il giovane Giorgio sognava un giorno di diventare forte come lui. Nel campionato successivo, il 24 agosto 1965 alla seconda giornata, Chinaglia segnava il suo primo gol da professionista, nel match perso 2-1 sul campo del Bournemouth. Nonostante l’exploit, Chinaglia non riusciva a trovare una maglia da titolare. Scese in campo e giocò soltanto in altre tre occasioni: l’11 settembre 1965 (Swansea-Grismby 1-0), il 14 settembre 1965 (Swansea-Workington 1-6) ed il 12 marzo 1966 (subentrato al 70’ di Swansea-Brentford 1-1). In quella stagione lo Swansea Town chiuse con un deludente 17° posto in terza divisione inglese, ma riuscì però a vincere la Coppa del Galles, guadagnandosi addirittura la partecipazione alla Coppa delle Coppe. Dopo sei presenze in prima squadra nella stagione 1964/65 l’allora presidente dello Swansea Town, Glen Davis, svincolava il diciannovenne attaccante italiano.
La profonda delusione per la mancata riconferma da parte dello Swansea Town svanì subito quando papà Mario, in vacanza a Massa nel mese di giugno 1966, incontrò Angelo Tongiani presidente della Massese, che già da alcuni anni seguiva la carriera del 19enne Giorgio Chinaglia. Da questo momento in poi il giovane e possente Giorgio diventerà uno dei migliori talenti italiani, prima con la maglia della Massese, poi con quella dell’Internapoli, ed infine con quella della Lazio, la sua piena consacrazione nell’Olimpo del calcio. Mancava però l’esordio con la Nazionale maggiore. Il destino a volte sembra beffardo, ma a volte può regalare rivincite e sogni di gloria. Quel destino si chiamava Inghilterra. La terra anglosassone, sebbene l’avesse accolto molto bene come studente, l’aveva però scartato proprio sul più bello, quando aveva deciso di diventare un calciatore di football inglese. L’appuntamento della rivincita “italiana”, come quella sognata da tanti emigranti, per lui era già fissato. Accadde a Wembley, catino senza spazio e senza tempo. Gli inglesi scelsero come data per l’amichevole con l’Italia il 14 novembre 1973, trentanovesimo anniversario della battaglia di Highbury. I tabloid britannici definirono la nazionale azzurra una squadra “di camerieri”.
Era un esplicito riferimento al passato di Giorgio Chinaglia, nel suo periodo di vita in Inghilterra, in cui spesso dava una mano al ristorante di papà Mario. La “provocazione” divenne per i nostri giocatori, soprattutto per il centravanti, simbolo della Lazio campione dell’Italia pochi mesi più tardi, un eccellente propellente psicologico. Fu il trionfo del gioco all’italiana, del “contropiedismo” antiestetico ma efficace. Valcareggi tenne i suoi giocatori arroccati in difesa, con licenza di liberare di tanto in tanto l’area per qualche sortita in avanti. Partita bloccata in cui i leoni d’Inghilterra sbatterono senza esiti contro il muro difensivo azzurro; poi, a quattro minuti dalla fine, l’apoteosi, il vertice più alto del sogno. Un lancio millimetrico di Fabio Capello smarcò Chinaglia la cui fuga verso la porta fu inarrestabile, rendendo vani i tentativi dell’arcigno Mc Farland di fermarlo. Chinaglia, arrivato sul fondo, alzò gli occhi e vide Capello che lo aveva seguito. E infatti il suo passaggio rasoterra arrivò nel mezzo e trovò puntuale all’appuntamento Capello, che mise la sfera in porta, prima del disperato tuffo di Shilton. Gol, vittoria e storia. Che rivincita Giorgio e che maglia fortunata quella dell’esordio in Nazionale… di Emiliano Foglia

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