Nei suoi primi anni di fondazione la Lazio si struttura sul modello delle grandi squadre dell’Alta Italia, anche se la pratica del football a Roma incontra più di qualche diffidenza. Incuriositi dalle evoluzioni del pallone e dai movimenti imprevedibili dei “footballeurs”, infatti, i primi spettatori incapaci di comprendere le regole del gioco si radunano ai bordi del campo per schernire gli atleti. Alberto Canalini, di professione falegname e socio laziale, costruisce le prime porte di legno a Roma e le pianta giustappunto a Piazza d’Armi. Esse consistono in due pali lignei collegati tra loro da una corda che funge da traversa. Prima di quel momento, alcuni abiti o addirittura semplici sassi vengono utilizzati per delimitare le porte in assenza di soluzioni migliori. Ma dalla Gran Bretagna arrivano ben presto regolamenti e manuali ufficiali, indispensabili per la pratica di questo sport. La storia del football è da sempre legata allo scarpino da calcio, “l’attrezzo del mestiere” per eccellenza di ogni calciatore. Val la pena ricordare come sia Capitan Ancherani nel 1904, appena tornato da un viaggio a Londra con un paio di scarpini professionali, a chiamare un calzolaio al fine di realizzare per tutti i componenti della squadra laziale l’esatta copia di queste nuove calzature da gioco. Il calcio moderno nasce durante la metà del 1800 come sport per ricchi, praticato esclusivamente nei più prestigiosi college inglesi, poi si diffonde in tutto il Regno Unito ed infine nel Resto del mondo, tra cui l’Italia. Tuttavia, con l’esplosione del football a partire dal 1900, le scarpe da calcio subiscono lente ed avvincenti evoluzioni tecniche. Parallelamente si iniziano ad utilizzare anche i calzari esclusivamente per il gioco del calcio. I primi scarpini presentano uno spesso rivestimento di cuoio con delle piastre in acciaio al loro interno e servono unicamente a proteggere il piede del calciatore dai traumi. Pertanto il 1904 è un anno molto importante per la pratica del calcio a Roma anche dal punto di vista estetico; infatti sorge l’esigenza per gli atleti laziali di dotarsi di una divisa più professionale, sul modello dei grandi club del Nord. Bisogna però “farsi belli” e così viene in mente a Sante Ancherani (il primo centrattacco della storia biancoceleste) l’idea di presentarsi alla sfida del primo derby della Capitale con un completo unico, finalmente comune a tutti i giocatori. Le divise indossate per quell’occasione sono delle camicie di flanella ad inserti bianchi e celesti realizzate artigianalmente in casa e cucite dalla mamma (Silvia) e dalla sorella (Nazarena) di Ancherani. La Lazio si equipaggia come una vera squadra di football ed è pronta ad affrontare i primi impegni interregionali, guardando al modello dei club del Nord con le sue porte in legno, le sue divise e gli scarpini realizzati in Italia sulla falsariga delle squadre inglesi.
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