Roma, 24 gennaio 2015. “Una serata da Lazio per la Lazio” (così titolava il “Corriere dello Sport” del 25 gennaio 2015). La partita con il Milan, almeno inizialmente, passava in secondo piano: si partiva presto perché era il giorno del nuovo battesimo della vecchia maglia, “la bandiera” che aveva segnato due fasi degli Anni ’80, tra cui la stagione 1986/87, quella del -9, della sofferenza e della gioia finale. Il club aveva curato tutto nei dettagli: la maglia con l’aquila sul petto tornava protagonista a quasi trent’anni di distanza dall’ultima volta. Per l’occasione erano stati richiamati i protagonisti di quell’epoca. Sotto la Curva Nord che era tutta una sciarpa biancoceleste sfilavano Orsi, Piscedda e Gregucci. «Questo gruppo ha scritto una pagina importante della Lazio (ricordava Mimmo Caso, capitano di allora) una pagina storica. Sono onorato che oggi quella nostra maglia venga indossata ancora». Ci sono tutti. Loro che l’hanno indossata, loro che hanno giocato con l’aquila sul petto. Loro sanno quanto vale e che poteri trasmette questa maglia. Tra di loro, ieri all’Olimpico, c’era anche Giuliano Fiorini, riviveva negli occhi di mamma Ernestina e della figlia Fabiana: «Non abbiamo parole, vorremmo solo ringraziarvi». C’era anche Giuliano accanto ai compagni di quel tempo, c’era nel video che lo immortala dopo il gol rifilato al Vicenza, il gol che avvicinò la salvezza. C’era e ci sarà sempre nei ricordi, nei racconti del capitano Mimmo Caso, il capitano del -9: «La notte prima di Lazio-Campobasso non dormimmo, erano le 7 del mattino, io e Giuliano eravamo in piedi, avremmo giocato alle 16. Furono tante le notti insonni». L’emozione di Caso era fortissima, l’aveva provata riprendendo in mano la maglia più amata e più bella, guardando il video storico: «Rivedere certe immagini riporta indietro nel tempo, ti fa rivivere ricordi ed emozioni. Sono stato il rappresentante di un gruppo di ragazzi che con i tecnici e la società ha vissuto questo simbolo sulla pelle. Ci ha accompagnato nei momenti drammatici, riuscimmo nell’impresa grazie all’unione, grazie ai valori importanti che vivevamo nello spogliatoio, erano valori umani. Chi ha vissuto quei momenti non li dimenticherà mai. Sono onorato di aver indossato questi colori. La maglia con l’aquila bisognava saperla indossare, la mia Lazio non fece chiacchiere, fece i fatti». I grandi ex, degli anni 1982/83 e 1986/87, si erano accomodati in prima fila durante la presentazione della maglia e durante Lazio-Milan. C’erano Marino, De Nadai, Rizzolo, Marini, Calisti, Miele, Surro. Mancava Eugenio Fascetti, il guru della Lazio del -9, c’era col cuore. Giancarlo Camolese sceglieva poche parole per descrivere la gioia: «E’ tutto indimenticabile. Spero che anche i giocatori di oggi leghino un’impresa, non so quale, a questo simbolo così come accadde a noi». Angelo Gregucci si univa al coro: «E’ una maglia che abbiamo portato in giro con il massimo dell’onore e della potenza, con sacrifici e orgoglio. Mi auguro che questa maglia raduni il popolo laziale, è il simbolo più giusto per far sì che questo accada». Da Gregucci a Carlo Perrone, due laziali, si erano ritrovati accanto a Lotito. Perrone era stato chiaro: «Al mondo non c’è squadra che abbia un simbolo così bello, stilizzato. La sfida più importante è difendere le tradizioni». Nando Orsi puntava sulla sacralità dei simboli: «Il senso di appartenenza, ecco cosa caratterizza il tifoso laziale, l’ambiente Lazio. Chi non ha memoria non ha futuro, la Lazio ha tanta memoria e deve avere tanto futuro». Massimo Piscedda era rimasto colpito: «Un evento molto romantico ed emozionante, l’augurio è che la Lazio regali ai tifosi ciò che meritano». La storia della Lazio si fondeva in pochi minuti tramite il video, attraverso tifosi, esultanze, bandiere. Il mondo biancoceleste. Il tecnico Pioli chiudeva il filmato davanti alla sua squadra, nello spogliatoio: “Chi non se la sente può anche andare via subito“. Rispondeva Mauri, il capitano, circondato da tutti i compagni: “Mister, da qui non se ne va nessuno!”. Una vita di Lazio, con e per la Lazio. Lo stesso video (prima proiettato in sala stampa) era ritrasmesso dai maxischermi all’interno dell’Olimpico, a pochi minuti dalla partita con il Milan: in 35mila in festa sugli spalti, tra lacrime e abbracci, ricordi e sorrisi. La voce della Lazio si alzava sempre di più: era festa assoluta. Nella pancia dell’Olimpico si godeva lo spettacolo il presidente Lotito, fiero di aver mantenuto la promessa di riportare la maglia in campo. La Lazio la indosserà per tutte le gare casalinghe del girone di ritorno. «Sono molto emozionato (raccontava il presidente Lotito) perché ritiriamo fuori un simbolo che rappresenta la storia del club, il passato, il presente e il futuro. Deve essere tramandato e deve costituire una responsabilità per tutti i laziali, soprattutto per chi la indossa. Questa maglia avrebbe significato nulla senza le gesta che la hanno portata ad essere riconosciuta da tutti. Credo che solo così si può portare avanti una storia iniziata nel 1900. Dobbiamo ringraziare la famiglia Casoni e Paolo Lenzi, con loro abbiamo rivissuto la storia di questa maglia. Qui c’è solo cuore, nessuno ne trarrà vantaggi. Questa società, al contrario di quanto si pensi, tiene molto al percorso storico. Oggi inizia un capitolo nuovo di un club proiettato verso il futuro, un gruppo che si fonda sulla base dei valori che da sempre ci accompagnano. La maglia dovrà servire a portare gioia, risultati e nuova unione».
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