Entrando in un negozio di giocattoli lo cercavamo subito con gli occhi… facile da riconoscere negli scaffali dove la macchia verde predominava. Un gioco? Di più, una moda generazionale a cavallo degli Anni 70/80. Una volta nella vita, tutti ci abbiamo giocato e tutti abbiamo sognato di portare la nostra Lazio a vincere campionato e Coppa dei Campioni. Alzi la mano chi conserva ancora una squadra del Subbuteo, ma una di quelle vecchie Anni ’70 con la “barretta”. Ogni tanto, spolverando le squadre, a noi ultraquarantenni spesso scende la “lacrimuccia”, pensando ancora a quei pomeriggi interminabili (invernali) passati, distesi sopra al panno verde dei nostri sogni, immaginando di essere al Meazza, l’Olimpico, il Ferraris e tanti altri stadi italiani e non. Chi si ricorda la modalità di gioco e la storia del Subbuteo (Table Soccer)? Grazie all’esperto Nicola Palmiotto siamo tornati indietro di oltre 40 anni, quando esistevano il Subbuteo o l’album delle figurine Panini. “Il Subbuteo si gioca con 22 miniature (che si devono colpire necessariamente con l’unghia dell’indice o del medio) installate su basette semisferiche. Un panno verde di 140×91 cm riproduce le fattezze del campo da gioco. Per poterci giocare è necessaria un’abilità manuale e una certa destrezza nel colpire la palla simile a quella del biliardo. A tutto ciò si unisce anche una buona dose di strategia nell’approcciarsi al match e nello scovare i punti deboli dell’avversario che in parte riprende alcuni principi degli scacchi”. Storicamente, la leggenda del Subbuteo iniziava dopo la “Seconda Guerra Mondiale” grazie a Peter Adolph che era un impiegato con la passione per l’ornitologia. Nel 1946 pubblicò un annuncio su un giornale per ragazzi della nascita di un nuovo gioco riguardante il football e subito arrivarono copiosi gli ordini. Originariamente le miniature erano figure bidimensionali di cartone e ogni giocatore se le assemblava da solo ritagliandole e infilandole sulle basette, tracciandosi perfino il campo (con un gessetto provvidenzialmente contenuto nella confezione) su vecchie coperte verdi. La mossa decisiva di Adolph, fu l’introduzione delle miniature di plastica, la famosa “serie 00” che vide la luce per la prima volta a Natale del 1961. In Italia fu Edilio Parodi a comprendere l’affare diventandone il distributore ufficiale. Ormai tutti i bambini d’Europa giocavano al Subbuteo. Alla fine degli Anni ’60 Adolph si rendeva conto che la cosa era ormai diventata più grande di lui e della sua fabbrica a dimensione familiare, con tanto di lavoratori a domicilio occupati a dipingere a mano le squadre. Decise pertanto di vendere alla Waddington Ltd, proprietaria di marchi quali Cluedo e Monopoli. Il Subbuteo fu trapiantato in una fabbrica vera e propria che in seguito, nel tentativo maldestro di dipingere le miniature a macchina, diede vita per un breve periodo alle figure cosiddette zombies. A fine Anni ’80 le cose però cominciarono ad andare male. Le casacche delle squadre cambiavano continuamente ed inoltre i logo degli sponsor tecnici e commerciali, cosa che ai grafici del Subbuteo non era più possibile replicare in tempo reale . Il catalogo si ridusse e a metà Anni ’90 il marchio passò alla multinazionale americana Hasbro. Gli americani non ci misero molto a capire che bisognava ridurre i costi: il parco squadre si ridusse a sole 46, la produzione fu limitata, le vendite calarono. Nel 2000 arrivò la triste notizia: a causa della diffusione del mondiale del Web e delle prime Playstation la Hasbro decise di interrompere la produzione. Sembra l’epilogo di una splendida avventura ma non era così. Gli eredi di Parodi nel 2003 si fecero dare la licenza e continuarono per un po’ a tenere accesa la fiammella. Ma poco più di un anno dopo la Hasbro ci ripensò e dopo un orrendo tentativo di rievocazione del passato (figure piatte cosiddette “photo real” 2005) finalmente due anni fa il Subbuteo è ritornato sugli scaffali dei negozi. A metà anni ’90 un italiano Marco De Angelis, professore di filosofia sistemica, fece un passo avanti. Capì che ciascuno aveva un suo modo di giocare oltre che una peculiare conformazione delle dita. Nacque così la Profibase che, ininterrottamente dal 1995 produce basette pensate e fabbricate con materiali moderni capaci di favorire un miglior scivolamento e di consentire a ciascun giocatore la configurazione a sé più congeniale. Anche la Lazio fin dale origini del Subbuteo scende in campo con tante miniature diverse: dalla Lazio del ’74, a quella del “meno nove” (dipinta a mano dall’artista Massimiliano Grilli), arrivando a quella del Centenario. Ma il Subbuteo da qualche anno é tornato a splendere di luce propria, la macchina produttiva lavora a pieno regime per realizzare tutto il materiale da gioco. Lunga vita Lazio Subbuteo! da Redazione
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